Fame di Terra

 

Bill Mollison scriveva: “avevo capito che l’intero sistema agricolo mondiale non era concepito per produrre cibo, ma soldi e che la permacoltura (agricoltura permanente) era la vera soluzione alla fame nel mondo”. Cosa hanno in comune ALAMAR (rivoluzione verde cubana) il MOVIMENTO DELLE PATATE di Volos (Grecia) e l’italiano GAT (gruppo acquisto terreni)?

La necessità di “tornare alla terra”.

Queste asserzioni alla luce del famigerato “Land Grabbing” appropriazione di terreno come nuova forma di colonialismo ci inoltra nella tematica al centro del nostro progetto artistico “Fame di terra” di Amy-d Arte Spazio. Ha iniziato l’Arabia Saudita con l’acquisto di terreni in Etiopia e locazione di terreni in Zambia e Tanzania seguita dalla Cina sempre in cerca di risorse alimentari dall’India, che a parte l’Africa rastrella in Argentina Malesia Madagascar Corea del sud e Libia. Questo sistema non incide minimamente nello sviluppo dei paesi dove viene praticato, in quanto cinesi e indiani impiegano e usano loro connazionali per il lavoro della terra arrivando ad usare, come nel caso della Cina, decine di migliaia di carcerati.

I prodotti coltivati con estratti vengono immediatamente assimilati dai mercati interni cinesi e indiani. In Etiopia L’ettaro e’ valutato dai 3 ai 10$, la Corea ne ha acquisiti 2.3 milioni di ettari, Pechino ne possiede 2.1 milioni l’ Arabia Saudita 1.6 milioni gli Emirati 1.3 milioni. Nel nord del Sudan la terra è affittata a 2.3$ l’anno. Questi sono i nuovi imperi in nome dell’agro business; La terra si svende come l’anima grazie alla “Soft power” Strategia politica per la penetrazione in Africa. Esiste ancora in arte la capacità di un pensiero politico sociale? Esempi come quello dell’artista Renzo Martens che con il suo lavoro (Episode 3 Enjoy Powerty, del 2009) Ci ha offerto una traccia da percorrere e un neon (il suo) per vedere. Vedere oltre come l’arte sa fare. La ricerca di Emanuela Magri tratta la manipolazione genetica, le installazioni di Valentina De’ Matha’ Strutture cellulari, il murales di Federico Unia rimanda al primate, la scultura di Daniele Salvalai alla dicotomia uomo – predatore. Lisa van Bommel con l’installazione “Fallen into nothingness”, l’artista polacco Cyryl fa una scommessa intelligente sul futuro della terra, Antonio Piga ci svela la dimensione famelica della nuova colonizzazione, Alberto Gianfreda riflette sullo lavoro e territorio mentre la cinese Ren Ri assolutamente coerente con la sua identità etnica parla della operosità nazionale, con un’altra e invalicabile muraglia…. Quella dei confini geografici. Gli artisti partecipanti diventano così veri guerrieri urbani con le loro piccole – grandi rivoluzioni creative, veicolo della più complessa “Rivoluzione economico/Sociale” .